Il comma 1 bis inserito dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46, nell’art. 405 c.p.p., che imponeva al pubblico ministero, una volta concluse le indagini preliminari, di formulare richiesta di archiviazione qualora fosse intervenuta una decisione della Suprema Corte che avesse escluso la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ai sensi dell’articolo 273 c.p.p. e successivamente non fossero stati acquisiti ulteriori elementi a carico dell’indagato, aveva la ratio di porre fine alla diffusa abitudine del pubblico ministero di formulare la richiesta di rinvio a giudizio a carico dell’indagato anche in assenza di indagini suppletive al precedente e qualificato vaglio della Corte di Cassazione, che avesse affermato il principio della mancanza della soglia di gravità indiziaria necessaria per l’adozione di una misura cautelare, evidenziando, in tal modo, l’inconsistenza della tesi accusatoria. Tuttavia, la collocazione della norma all’interno di una disposizione che disciplina forme e termini per l’esercizio dell’azione penale, nonché la creazione di un inedito rapporto fra cautela ed accertamento di merito suscitava numerose questioni interpretative già in sede di prima lettura della norma, tant’è che essa è stata sottoposta al vaglio del Giudice delle leggi, che ne ha dichiarato la incostituzionalità, ritenendo che la richiesta coatta di archiviazione finisce per trasformarsi in una sorta di sanzione extra ordinem per le iniziative cautelari inopportune del pubblico ministero. A parere dell’Autore, tale anomala sanzione, non solo violava il principio di tassatività inteso quale divieto di applicazione di ogni sanzione in situazioni in cui manchi una esplicita previsione, ma ledeva anche un altro principio costituzionale: l’obbligatorietà dell’azione penale. Il legislatore prevedendo, infatti, un rigido automatismo fra la pronuncia della Corte di cassazione e la richiesta di archiviazione imponeva, al pubblico ministero, un anomalo e non giustificabile vincolo all’esercizio del potere di azione attribuitogli in via esclusiva dalla Carta costituzionale.

L'illegittimità costituzionale di una norma che aveva introdotto un paradossale obbligo di inazione

Giuseppe Tabasco
2010-01-01

Abstract

Il comma 1 bis inserito dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46, nell’art. 405 c.p.p., che imponeva al pubblico ministero, una volta concluse le indagini preliminari, di formulare richiesta di archiviazione qualora fosse intervenuta una decisione della Suprema Corte che avesse escluso la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ai sensi dell’articolo 273 c.p.p. e successivamente non fossero stati acquisiti ulteriori elementi a carico dell’indagato, aveva la ratio di porre fine alla diffusa abitudine del pubblico ministero di formulare la richiesta di rinvio a giudizio a carico dell’indagato anche in assenza di indagini suppletive al precedente e qualificato vaglio della Corte di Cassazione, che avesse affermato il principio della mancanza della soglia di gravità indiziaria necessaria per l’adozione di una misura cautelare, evidenziando, in tal modo, l’inconsistenza della tesi accusatoria. Tuttavia, la collocazione della norma all’interno di una disposizione che disciplina forme e termini per l’esercizio dell’azione penale, nonché la creazione di un inedito rapporto fra cautela ed accertamento di merito suscitava numerose questioni interpretative già in sede di prima lettura della norma, tant’è che essa è stata sottoposta al vaglio del Giudice delle leggi, che ne ha dichiarato la incostituzionalità, ritenendo che la richiesta coatta di archiviazione finisce per trasformarsi in una sorta di sanzione extra ordinem per le iniziative cautelari inopportune del pubblico ministero. A parere dell’Autore, tale anomala sanzione, non solo violava il principio di tassatività inteso quale divieto di applicazione di ogni sanzione in situazioni in cui manchi una esplicita previsione, ma ledeva anche un altro principio costituzionale: l’obbligatorietà dell’azione penale. Il legislatore prevedendo, infatti, un rigido automatismo fra la pronuncia della Corte di cassazione e la richiesta di archiviazione imponeva, al pubblico ministero, un anomalo e non giustificabile vincolo all’esercizio del potere di azione attribuitogli in via esclusiva dalla Carta costituzionale.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12317/104450
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