Dopo una serie di importanti pronunce con cui la Corte costituzionale ha proceduto a un sostanziale restyling giurisprudenziale della legge n. 40/2004, la sentenza n. 84 del 13 aprile 2016 rappresenta la prima importante battuta d’arresto dei Giudici costituzionali in materia, poiché con essa è stata dichiarata l’inammissibilità delle questioni di legittimità sollevate rispetto all’art. 6, comma 3 (divieto di revoca del consenso dei ricorrenti alla PMA, una volta avvenuta la formazione dell’embrione), e all’art. 13 (divieto di sperimentazione sugli embrioni umani). Soprattutto il salvataggio di quest’ultima disposizione, attraverso cui il legislatore ha tutelato in modo assoluto gli embrioni – anche quelli affetti da patologie e, quindi, non più utilizzabili per i trattamenti – senza contemperare in alcun modo le esigenze della ricerca scientifica, è al centro dell’analisi condotta in questo contributo. Lo scopo ultimo è fare luce sul concetto di ‚dignità dell’embrione‛, bene giuridico tutelato dal delitto di sperimentazione e al contempo pericoloso tabù in grado di paralizzare il doveroso sindacato di ragionevolezza riservato alla Corte.

De dignitate non disputandum est? La decisione della Consulta sui divieti di sperimentazione sugli embrioni e di revoca del consenso alla PMA

vincenzo tigano
2016-01-01

Abstract

Dopo una serie di importanti pronunce con cui la Corte costituzionale ha proceduto a un sostanziale restyling giurisprudenziale della legge n. 40/2004, la sentenza n. 84 del 13 aprile 2016 rappresenta la prima importante battuta d’arresto dei Giudici costituzionali in materia, poiché con essa è stata dichiarata l’inammissibilità delle questioni di legittimità sollevate rispetto all’art. 6, comma 3 (divieto di revoca del consenso dei ricorrenti alla PMA, una volta avvenuta la formazione dell’embrione), e all’art. 13 (divieto di sperimentazione sugli embrioni umani). Soprattutto il salvataggio di quest’ultima disposizione, attraverso cui il legislatore ha tutelato in modo assoluto gli embrioni – anche quelli affetti da patologie e, quindi, non più utilizzabili per i trattamenti – senza contemperare in alcun modo le esigenze della ricerca scientifica, è al centro dell’analisi condotta in questo contributo. Lo scopo ultimo è fare luce sul concetto di ‚dignità dell’embrione‛, bene giuridico tutelato dal delitto di sperimentazione e al contempo pericoloso tabù in grado di paralizzare il doveroso sindacato di ragionevolezza riservato alla Corte.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12317/107104
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