Il presente contributo si propone di indagare la particolare e complessa condizione assunta dalla figura femminile nell’alveo delle dinamiche mafiose, con precipuo riferimento alle ipotesi in cui la donna decida di assumere, nell’ambito del processo penale, la veste di collaboratore o di testimone di giustizia. Dopo aver posto l’attenzione su quella che è la disciplina vigente in materia, si porrà l’accento sul dissidio che alberga in colei che decida di intraprendere un percorso di rottura e di rinascita, recidendo il vincolo con la consorteria criminale. Un conflitto interno che si manifesta, irruentemente, attraverso due rappresentazioni contrapposte: da un lato, l’aspirazione a emanciparsi da un ambiente marcatamente patriarcale; dall’altro, la vulnerabilità emotiva di chi fatica a rompere il legame affettivo con un contesto che ha rappresentato, fino a quel momento, fondamento identitario ed emotivo. La manifestazione di una volontà positiva di cooperare con la giustizia trova espressione nella figura del collaboratore di giustizia, la cui qualifica si distingue da quella del testimone di giustizia. Pur accomunati da analoghi intenti, le due figure si differenziano tanto per la loro condizione soggettiva, tanto per il differente regime di protezione loro applicabile. In tale prospettiva, l’atto di infrangere il muro dell’omertà si configura non soltanto come apporto probatorio di rilevante portata, ma, soprattutto, come gesto di emancipazione e autodeterminazione della propria soggettività.
IL VALORE GIURIDICO E SIMBOLICO DEL DISSENSO FEMMINILE NEI CONTESTI MAFIOSI: PROFILI PROCESSUALPENALISTICI, COLLABORAZIONI E TESTIMONIANZE
Palma Pujia
2025-01-01
Abstract
Il presente contributo si propone di indagare la particolare e complessa condizione assunta dalla figura femminile nell’alveo delle dinamiche mafiose, con precipuo riferimento alle ipotesi in cui la donna decida di assumere, nell’ambito del processo penale, la veste di collaboratore o di testimone di giustizia. Dopo aver posto l’attenzione su quella che è la disciplina vigente in materia, si porrà l’accento sul dissidio che alberga in colei che decida di intraprendere un percorso di rottura e di rinascita, recidendo il vincolo con la consorteria criminale. Un conflitto interno che si manifesta, irruentemente, attraverso due rappresentazioni contrapposte: da un lato, l’aspirazione a emanciparsi da un ambiente marcatamente patriarcale; dall’altro, la vulnerabilità emotiva di chi fatica a rompere il legame affettivo con un contesto che ha rappresentato, fino a quel momento, fondamento identitario ed emotivo. La manifestazione di una volontà positiva di cooperare con la giustizia trova espressione nella figura del collaboratore di giustizia, la cui qualifica si distingue da quella del testimone di giustizia. Pur accomunati da analoghi intenti, le due figure si differenziano tanto per la loro condizione soggettiva, tanto per il differente regime di protezione loro applicabile. In tale prospettiva, l’atto di infrangere il muro dell’omertà si configura non soltanto come apporto probatorio di rilevante portata, ma, soprattutto, come gesto di emancipazione e autodeterminazione della propria soggettività.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.