Le modifiche all’art. 614-bis c.p.c. si inquadrano tra gli interventi più interessanti e controversi dell’ultima riforma del processo civile. La novità di assoluto rilievo è rappresentata dall’attribuzione del potere di astreinte al giudice dell’esecuzione. La presenza dell’organo esecutivo sulla scena delle misure coercitive rilancia la querelle sulla natura del rimedio e ne suggerisce una rilettura volta a ricercare soluzioni nuove ai problemi interpretativi che da sempre rendono vischiosa la disciplina. La varietà di posizioni registrate in dottrina impone di rivedere i termini del dibattito e di individuare un inquadramento in grado di assicurare l’equilibrio fra tutte le proiezioni processuali dell’istituto, non solo nel circuito del giudizio di cognizione, anche nella sede esecutiva, in quella cautelare e in arbitrato. Ma non è questa l’unica sfida della nuova astreinte. L’art. 614-bis c.p.c. presenta difetti di costruzione che rendono complessa la rilettura del fenomeno. La disposizione non delimita la competenza dei giudici della cognizione e dell’esecuzione, non definisce l’accertamento condotto in ambiente esecutivo, mette in ombra il giudice della cautela e non risolve la questione relativa alla compatibilità delle astreintes in arbitrato. Al contempo ripropone i limiti dell’intelaiatura originaria e conferma il paradigma dell’autoliquidazione, pregiudicando la prospettiva dell’esecuzione cross-border. L’opera intende affrontare questi aspetti nel tentativo di dissolvere le opacità che si addensano attorno alla norma e di mettere in chiaro i profili che necessitano di una più attenta rimeditazione.
Misure coercitive e poteri del giudice
Maria Laura Guarnieri
2025-01-01
Abstract
Le modifiche all’art. 614-bis c.p.c. si inquadrano tra gli interventi più interessanti e controversi dell’ultima riforma del processo civile. La novità di assoluto rilievo è rappresentata dall’attribuzione del potere di astreinte al giudice dell’esecuzione. La presenza dell’organo esecutivo sulla scena delle misure coercitive rilancia la querelle sulla natura del rimedio e ne suggerisce una rilettura volta a ricercare soluzioni nuove ai problemi interpretativi che da sempre rendono vischiosa la disciplina. La varietà di posizioni registrate in dottrina impone di rivedere i termini del dibattito e di individuare un inquadramento in grado di assicurare l’equilibrio fra tutte le proiezioni processuali dell’istituto, non solo nel circuito del giudizio di cognizione, anche nella sede esecutiva, in quella cautelare e in arbitrato. Ma non è questa l’unica sfida della nuova astreinte. L’art. 614-bis c.p.c. presenta difetti di costruzione che rendono complessa la rilettura del fenomeno. La disposizione non delimita la competenza dei giudici della cognizione e dell’esecuzione, non definisce l’accertamento condotto in ambiente esecutivo, mette in ombra il giudice della cautela e non risolve la questione relativa alla compatibilità delle astreintes in arbitrato. Al contempo ripropone i limiti dell’intelaiatura originaria e conferma il paradigma dell’autoliquidazione, pregiudicando la prospettiva dell’esecuzione cross-border. L’opera intende affrontare questi aspetti nel tentativo di dissolvere le opacità che si addensano attorno alla norma e di mettere in chiaro i profili che necessitano di una più attenta rimeditazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


