Il contributo analizza un lungo frammento tratto dall’undicesimo libro delle Quaestiones di Papiniano che sembra presentare, soprattutto nella sua parte finale, alcune incongruenze tali da portare gli autori occupatisi del passo a considerarlo oggetto di interpolazioni. La fattispecie prospettata in D.26.5.13pr.-1 tratta di un’intervento del Senato per l’ipotesi in cui siano state disposte per fideicommissum, a favore di un servo impubere, la libertà e l’eredità, e il chiamato non intenda accettare. Il Senato stabilisce (senatus censuit) che quest’ultimo, se lo si richiede a nome dell’impubere, possa essere costretto ad adire in modo tuttavia che si nomini un tutore interinale che eserciterà la tutela fino a quando l’erede non restituirà l’eredità e presterà la cautio rem pupilli salvam fore, e ciò perché, divenuto patronus -in seguito all’adizione coattiva ed alla conseguente esecuzione del fedecommesso di libertà- sarà chiamato alla tutela legittima dell’impubere. Fin qui la ricostruzione della fattispecie non presenta problemi; questi invece, come si è accennato, sembrano sorgere nel seguito del passo: anzitutto per il fatto che Adriano stabilisce di estendere la disposizione senatoria surriferita all’ipotesi in cui la libertas sia stata attribuita direttamente al servo impubere e non tramite fedecommesso e i termini di tale estensione rimangono dubbi. Ma soprattutto perché nel § 1 Papiniano, commentando quanto stabilito dal Senato, precisa che sebbene non sia facile esigere la cautio dal patronus tuttavia il Senato ha inteso equiparare ad un extraneus colui che «quod in ipso fuit, etiam libertate privavit impuberem». Ed, infatti, in primo luogo si tratta di accertare quale fosse la ragione per la quale risultava non facile esigere dal patrono la cautio ed, inoltre, bisogna anche comprendere il senso dell’equiparazione formulata dal Senato tra colui, che per quanto fosse da lui dipeso, privò anche della libertà l’impubere e l’extraneus. Infatti, data la premessa iniziale e cioè la difficoltà di richiedere al patronus la cautio, ci si aspetterebbe che la finzione senatoria mirasse proprio a superare l’ostacolo costituito dal «non facile» e a rendere, per conseguenza, sempre possibile esigere la cautio dal patronus; mentre essa sembra invece riguardare una persona diversa da questi, in quanto di lui si dice che aveva anche privato della libertà l’impubere. Ed è evidente che, se aveva privato quest’ultimo della libertà, non ne poteva essere divenuto il patronus né, di conseguenza, si sarebbe potuto obbligare a prestare la cautio. Nonostante questa apparente incongruenza, Papiniano continua poi il proprio discorso facendo riferimento di nuovo e in modo inequivocabile a quel medesimo soggetto di cui aveva parlato nel principium: «et ius quidem liberti, quod habet, quia ex causa fideicommissi manumittit, non est ei ablatum etc». A queste difficoltà va aggiunto anche un altro problema: chi era quell’extraneus al quale, secondo il resoconto di Papiniano, avrebbe fatto riferimento il Senato? Ora ex D.26.4.5.1 risulta vi fosse un autorevole seppur minoritario orientamento giurisprudenziale (Ulpiano) secondo il quale la cautio ai tutori legittimi patroni andava richiesta causa cognita: «Sed etiam hos (scilicet legitimos tutores) cogi satisdare certum est in tantum ut etiam patronum et patroni filium ceterosque liberos eius cogi rem salvam fore satisdare plerisque videatur. sed hoc causa cognita praetorem statuere debere melius est»…; evidentemente Papiniano era dello stesso parere e per questo considerava che «a patrono rem salvam pupillo fore non facile cautio exigatur». Per quanto riguarda chi fosse il soggetto «qui, quod in ipso fuit, etiam libertate privavit impuberem» si chiarisce che non può che trattarsi del chiamato nominato nel principium, divenuto patronus solo dopo l’intervento del Senato, in quanto egli -non avendo voluto adire spontaneamente l’eredità- aveva con il suo comportamento accettato il rischio che il servo impubere rimanesse privo non solo dell’eredità ma anche della libertà. Con riferimento, infine, all’identificazione dell’extraneus si è rilevato che tale termine quando ricorre nelle fonti in contrapposizione a patronus (D.26.3.4; D.38.2.34; D.38.1.23pr.; D.38.2.20.2) assume semplicemente il significato di chi non è patronus. Tale qualificazione va calata però all’interno del contesto di D.26.5.13.1 nel quale si sta trattando del patronus come di un tutore legittimo al quale il Senato ha inteso imporre la prestazione della cautio; ora, aver considerato il patronus un extraneus, permette di farlo rientrare sempre tra i tutori legittimi ma non come patronus e quindi sottoposto ex D.26.4.5.1 all’obbligo di prestare la cautio. In conclusione, ad una più attenta valutazione, tutte le apparenti incongruenze scompaiono e il frammento papinianeo risulta essere genuino e in piena sintonia con il diritto del suo tempo.

Un intervento del senato in tema di "libertas" ed "hereditas" disposte "per fideicommissum"

CARBONE M
2007-01-01

Abstract

Il contributo analizza un lungo frammento tratto dall’undicesimo libro delle Quaestiones di Papiniano che sembra presentare, soprattutto nella sua parte finale, alcune incongruenze tali da portare gli autori occupatisi del passo a considerarlo oggetto di interpolazioni. La fattispecie prospettata in D.26.5.13pr.-1 tratta di un’intervento del Senato per l’ipotesi in cui siano state disposte per fideicommissum, a favore di un servo impubere, la libertà e l’eredità, e il chiamato non intenda accettare. Il Senato stabilisce (senatus censuit) che quest’ultimo, se lo si richiede a nome dell’impubere, possa essere costretto ad adire in modo tuttavia che si nomini un tutore interinale che eserciterà la tutela fino a quando l’erede non restituirà l’eredità e presterà la cautio rem pupilli salvam fore, e ciò perché, divenuto patronus -in seguito all’adizione coattiva ed alla conseguente esecuzione del fedecommesso di libertà- sarà chiamato alla tutela legittima dell’impubere. Fin qui la ricostruzione della fattispecie non presenta problemi; questi invece, come si è accennato, sembrano sorgere nel seguito del passo: anzitutto per il fatto che Adriano stabilisce di estendere la disposizione senatoria surriferita all’ipotesi in cui la libertas sia stata attribuita direttamente al servo impubere e non tramite fedecommesso e i termini di tale estensione rimangono dubbi. Ma soprattutto perché nel § 1 Papiniano, commentando quanto stabilito dal Senato, precisa che sebbene non sia facile esigere la cautio dal patronus tuttavia il Senato ha inteso equiparare ad un extraneus colui che «quod in ipso fuit, etiam libertate privavit impuberem». Ed, infatti, in primo luogo si tratta di accertare quale fosse la ragione per la quale risultava non facile esigere dal patrono la cautio ed, inoltre, bisogna anche comprendere il senso dell’equiparazione formulata dal Senato tra colui, che per quanto fosse da lui dipeso, privò anche della libertà l’impubere e l’extraneus. Infatti, data la premessa iniziale e cioè la difficoltà di richiedere al patronus la cautio, ci si aspetterebbe che la finzione senatoria mirasse proprio a superare l’ostacolo costituito dal «non facile» e a rendere, per conseguenza, sempre possibile esigere la cautio dal patronus; mentre essa sembra invece riguardare una persona diversa da questi, in quanto di lui si dice che aveva anche privato della libertà l’impubere. Ed è evidente che, se aveva privato quest’ultimo della libertà, non ne poteva essere divenuto il patronus né, di conseguenza, si sarebbe potuto obbligare a prestare la cautio. Nonostante questa apparente incongruenza, Papiniano continua poi il proprio discorso facendo riferimento di nuovo e in modo inequivocabile a quel medesimo soggetto di cui aveva parlato nel principium: «et ius quidem liberti, quod habet, quia ex causa fideicommissi manumittit, non est ei ablatum etc». A queste difficoltà va aggiunto anche un altro problema: chi era quell’extraneus al quale, secondo il resoconto di Papiniano, avrebbe fatto riferimento il Senato? Ora ex D.26.4.5.1 risulta vi fosse un autorevole seppur minoritario orientamento giurisprudenziale (Ulpiano) secondo il quale la cautio ai tutori legittimi patroni andava richiesta causa cognita: «Sed etiam hos (scilicet legitimos tutores) cogi satisdare certum est in tantum ut etiam patronum et patroni filium ceterosque liberos eius cogi rem salvam fore satisdare plerisque videatur. sed hoc causa cognita praetorem statuere debere melius est»…; evidentemente Papiniano era dello stesso parere e per questo considerava che «a patrono rem salvam pupillo fore non facile cautio exigatur». Per quanto riguarda chi fosse il soggetto «qui, quod in ipso fuit, etiam libertate privavit impuberem» si chiarisce che non può che trattarsi del chiamato nominato nel principium, divenuto patronus solo dopo l’intervento del Senato, in quanto egli -non avendo voluto adire spontaneamente l’eredità- aveva con il suo comportamento accettato il rischio che il servo impubere rimanesse privo non solo dell’eredità ma anche della libertà. Con riferimento, infine, all’identificazione dell’extraneus si è rilevato che tale termine quando ricorre nelle fonti in contrapposizione a patronus (D.26.3.4; D.38.2.34; D.38.1.23pr.; D.38.2.20.2) assume semplicemente il significato di chi non è patronus. Tale qualificazione va calata però all’interno del contesto di D.26.5.13.1 nel quale si sta trattando del patronus come di un tutore legittimo al quale il Senato ha inteso imporre la prestazione della cautio; ora, aver considerato il patronus un extraneus, permette di farlo rientrare sempre tra i tutori legittimi ma non come patronus e quindi sottoposto ex D.26.4.5.1 all’obbligo di prestare la cautio. In conclusione, ad una più attenta valutazione, tutte le apparenti incongruenze scompaiono e il frammento papinianeo risulta essere genuino e in piena sintonia con il diritto del suo tempo.
2007
9788814135125
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12317/18381
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