Dopo una premessa di carattere generale sui criteri di imputazione della responsabilità in materia di trasporto aereo di persone, supporto concettuale necessario per l’inquadramento e la comprensione dell’argomento, si passa in rassegna il regime della responsabilità del vettore aereo di persone che si estende «dall’inizio delle operazioni di imbarco al compimento di quelle di sbarco», secondo il dettato dell’ 942 v. s. c. nav., che ricalca l’art. 17 della Convenzione di Varsavia del 1929 e che è stato ripreso, con lievi variazioni lessicali, anche dall’art. 17 della Convenzione di Montreal del 1999. Se questa formula è messa a confronto con le corrispondenti previsioni del trasporto terrestre e di quello marittimo, nelle quali la responsabilità del vettore è operante, rispettivamente, «durante il viaggio» (art. 1681 c.c.) e «dall’inizio dell’imbarco al compimento dello sbarco» (art. 409 c. nav.), si evince che, rispetto al viaggio promesso dal vettore, la prestazione di tanto espande il suo contenuto di quanto occorre perché il viaggiatore possa fruire del mezzo di trasporto: secondo una curva crescente che va dal minimo per accedere a un veicolo terrestre, al di più per imbarcarsi su una nave e poi sbarcarne, fino al massimo richiesto per le «operazioni» relative all’imbarco e allo sbarco accedere o discendere dell’aeromobile. Nel trasporto aereo, ricostruita la problematica delle predette “operazioni” sulla base dei contributi della dottrina e italiana e straniera della giurisprudenza (straniera), pur se con qualche oscillazione, si osserva che l’operazione di imbarco ha inizio quando finisce la libertà di movimento del passeggero, momento che, in genere, coincide da quando l’utente, munito della carta d’imbarco, non può recarsi al sottobordo dell’aeromobile in partenza se non seguendo la via e servendosi dei mezzi predisposti dal vettore, il quale, dal canto suo, sorveglia questi spazi ed assume il dovere di protezione del passeggero. Per converso l’operazione di sbarco si compie quando il viaggiatore riprende la sua libertà di movimento all’ approdo – ove sarà stato condotto in quel luogo dell’aerostazione in cui la guida e la vigilanza del vettore vengono a cessare. L’ultima parte del saggio verte sulla critica della tesi, sostenuta dalla nostra giurisprudenza con sentenza della Cass. 25 settembre 2001 n. 12015, che non trova precedenti specifici della stessa Corte. Secondo il S. C., infatti, la Convenzione di Varsavia non si applica se i passeggeri subiscono danni nel corso del trasporto dall’aerostazione verso l’aeromobile effettuato con il veicolo “interpista” del gestore dei servizi a terra, perché quest’ultimo, operando in regime di monopolio e non essendo scelto dal vettore, non può essere considerato “preposto”: con la conseguenza che tale trasporto non può essere considerato come “operazione di imbarco e sbarco” ai sensi dell’art. 17 della Convenzione di Varsavia. Questo orientamento, che pure ha trovato conferma in successive sentenze dei giudici di merito, non appare persuasivo ed è puntualmente confutato dall’Autore.

La responsabilità per le operazioni di imbarco e sbarco nel trasporto aereo di persone

LA TORRE U
2006-01-01

Abstract

Dopo una premessa di carattere generale sui criteri di imputazione della responsabilità in materia di trasporto aereo di persone, supporto concettuale necessario per l’inquadramento e la comprensione dell’argomento, si passa in rassegna il regime della responsabilità del vettore aereo di persone che si estende «dall’inizio delle operazioni di imbarco al compimento di quelle di sbarco», secondo il dettato dell’ 942 v. s. c. nav., che ricalca l’art. 17 della Convenzione di Varsavia del 1929 e che è stato ripreso, con lievi variazioni lessicali, anche dall’art. 17 della Convenzione di Montreal del 1999. Se questa formula è messa a confronto con le corrispondenti previsioni del trasporto terrestre e di quello marittimo, nelle quali la responsabilità del vettore è operante, rispettivamente, «durante il viaggio» (art. 1681 c.c.) e «dall’inizio dell’imbarco al compimento dello sbarco» (art. 409 c. nav.), si evince che, rispetto al viaggio promesso dal vettore, la prestazione di tanto espande il suo contenuto di quanto occorre perché il viaggiatore possa fruire del mezzo di trasporto: secondo una curva crescente che va dal minimo per accedere a un veicolo terrestre, al di più per imbarcarsi su una nave e poi sbarcarne, fino al massimo richiesto per le «operazioni» relative all’imbarco e allo sbarco accedere o discendere dell’aeromobile. Nel trasporto aereo, ricostruita la problematica delle predette “operazioni” sulla base dei contributi della dottrina e italiana e straniera della giurisprudenza (straniera), pur se con qualche oscillazione, si osserva che l’operazione di imbarco ha inizio quando finisce la libertà di movimento del passeggero, momento che, in genere, coincide da quando l’utente, munito della carta d’imbarco, non può recarsi al sottobordo dell’aeromobile in partenza se non seguendo la via e servendosi dei mezzi predisposti dal vettore, il quale, dal canto suo, sorveglia questi spazi ed assume il dovere di protezione del passeggero. Per converso l’operazione di sbarco si compie quando il viaggiatore riprende la sua libertà di movimento all’ approdo – ove sarà stato condotto in quel luogo dell’aerostazione in cui la guida e la vigilanza del vettore vengono a cessare. L’ultima parte del saggio verte sulla critica della tesi, sostenuta dalla nostra giurisprudenza con sentenza della Cass. 25 settembre 2001 n. 12015, che non trova precedenti specifici della stessa Corte. Secondo il S. C., infatti, la Convenzione di Varsavia non si applica se i passeggeri subiscono danni nel corso del trasporto dall’aerostazione verso l’aeromobile effettuato con il veicolo “interpista” del gestore dei servizi a terra, perché quest’ultimo, operando in regime di monopolio e non essendo scelto dal vettore, non può essere considerato “preposto”: con la conseguenza che tale trasporto non può essere considerato come “operazione di imbarco e sbarco” ai sensi dell’art. 17 della Convenzione di Varsavia. Questo orientamento, che pure ha trovato conferma in successive sentenze dei giudici di merito, non appare persuasivo ed è puntualmente confutato dall’Autore.
2006
88-14-13113-9
imbarco; sbarco; Convenzione di Varsavia; Risarcimento ; Servizi interpista
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12317/20108
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