Durante il XVII secolo il sistema degli scambi internazionali subì mutamenti radicali. Il Mediterraneo perse la sua centralità di fronte al consolidamento delle rotte oceaniche, alla progressiva espansione delle reti commerciali e all’affermazione definitiva di due nuove potenze economiche: le Province Unite e l’Inghilterra. In netta controtendenza, Livorno fu l’unico scalo della Penisola a far registrare un netto incremento della sua attività portuale. Il volume ricostruisce l’evoluzione dei commerci livornesi con il Levante e l’Africa del Nord nel corso del Seicento. L’indagine, di tipo quantitativo, si fonda, principalmente, sull’esame di 98 filze allogate nel fondo Ufficiali di Sanità dell’Archivio di Stato di Firenze. Secondo le teorie mediche allora predominanti la peste era causata da invisibili atomi miasmatici; il contagio poteva essere trasmesso non solo dagli esseri viventi, ma anche da moltissime mercanzie. I capitani dei velieri che giungevano a Livorno, dopo aver dichiarato le proprie generalità, il nome e la stazza dei propri bastimenti, dovevano fornire notizie molto dettagliate sul porto di partenza, sugli equipaggi e sugli eventuali passeggeri, sulle rotte seguite, sui quantitativi di merci presenti nelle stive e sulla loro provenienza. Le informazioni venivano raccolte dagli ufficiali addetti alla salute pubblica di Livorno e trasmesse a Firenze. Grazie alla consultazione di questi documenti è stato possibile, nella prima parte del volume, individuare i vari tipi di bastimento che frequentavano lo scalo del granducato e classificarli secondo l’armamento, la stazza, la bandiera e i porti di provenienza. Si è potuto inoltre descrivere le loro rotte, individuare gli scali intermedi, e calcolare i tempi di navigazione. Dopo questa analisi, necessaria per tentare di comprendere quale fosse il ruolo svolto da Livorno nei grandi traffici mediterranei e quali flotte mercantili contribuissero ad alimentare i suoi commerci, nella seconda parte del libro si sono esaminate in modo più dettagliato le relazioni economiche con l’impero ottomano. Oltre ad essere in grado di produrre numerosi manufatti e materie prime indispensabili per le industrie occidentali, i paesi del Levante erano degli importanti intermediari nei commerci con la Persia, con le Indie, con il Sudan e con l’Etiopia. Esaminando i carichi dei bastimenti è stato quindi necessario individuare sia i prodotti locali, sia quelli di riesportazione e cercare la provenienza di questi ultimi, ripercorrendo i lunghi itinerari terrestri o marittimi che collegavano le coste del Mediterraneo orientale con regioni anche molto lontane. Per quantificare il volume dei principali articoli che giungevano a Livorno si è dovuto infine uniformare le molteplici unità di misura indicate nei registri di Sanità. Soltanto allora è stato possibile seguire l’evoluzione dei commerci nel corso degli anni e individuare i momenti di crisi e quelli di espansione, in relazione alle vicende economiche e politiche del Mediterraneo e dell’Europa. Si è potuto altresì compiere dei raffronti, valutando il ruolo di ogni singolo centro commerciale nel complesso degli scambi livornesi. In particolare, nel primo capitolo della seconda parte sono stati esaminati i flussi commerciali in provenienza da Istanbul e Smirne, nel secondo i commerci di Alessandria, nel terzo gli scambi di Livorno con Cipro e i porti della Siria. L’ultimo capitolo, infine, è stato dedicato all’analisi dei traffici con il Maghreb. Anche in questo caso si sono dovuti affrontare problemi analoghi a quelli già incontrati a proposito del Levante. Sebbene Tripoli, Tunisi e Algeri non disponessero di un entroterra ricco come quello delle scale, si trovavano tuttavia al centro di una complessa rete di scambi, in grado di alimentare numerose attività artigianali e di rifornire quelle città di numerosi prodotti destinati ai paesi europei. L’attività corsara, che costituiva per la regione una vera e propria industria, contribuiva inoltre ad arricchire i mercati nordafricani con le mercanzie più disparate, complicando ulteriormente il quadro. Si è tentato così di ripercorrere la storia politica ed economica della regione, per capire quale fosse il ruolo delle Reggenze, sia nei confronti dell’impero ottomano, sia dei paesi europei. Ci si è soffermati quindi sulle relazioni con Livorno, cercando, come di consueto, di quantificare il volume dei commerci e di valutarne l’andamento e l’effettiva rilevanza.

Livorno e il mondo islamico nel XVII secolo. Naviglio e commercio di importazione

GHEZZI R
2007-01-01

Abstract

Durante il XVII secolo il sistema degli scambi internazionali subì mutamenti radicali. Il Mediterraneo perse la sua centralità di fronte al consolidamento delle rotte oceaniche, alla progressiva espansione delle reti commerciali e all’affermazione definitiva di due nuove potenze economiche: le Province Unite e l’Inghilterra. In netta controtendenza, Livorno fu l’unico scalo della Penisola a far registrare un netto incremento della sua attività portuale. Il volume ricostruisce l’evoluzione dei commerci livornesi con il Levante e l’Africa del Nord nel corso del Seicento. L’indagine, di tipo quantitativo, si fonda, principalmente, sull’esame di 98 filze allogate nel fondo Ufficiali di Sanità dell’Archivio di Stato di Firenze. Secondo le teorie mediche allora predominanti la peste era causata da invisibili atomi miasmatici; il contagio poteva essere trasmesso non solo dagli esseri viventi, ma anche da moltissime mercanzie. I capitani dei velieri che giungevano a Livorno, dopo aver dichiarato le proprie generalità, il nome e la stazza dei propri bastimenti, dovevano fornire notizie molto dettagliate sul porto di partenza, sugli equipaggi e sugli eventuali passeggeri, sulle rotte seguite, sui quantitativi di merci presenti nelle stive e sulla loro provenienza. Le informazioni venivano raccolte dagli ufficiali addetti alla salute pubblica di Livorno e trasmesse a Firenze. Grazie alla consultazione di questi documenti è stato possibile, nella prima parte del volume, individuare i vari tipi di bastimento che frequentavano lo scalo del granducato e classificarli secondo l’armamento, la stazza, la bandiera e i porti di provenienza. Si è potuto inoltre descrivere le loro rotte, individuare gli scali intermedi, e calcolare i tempi di navigazione. Dopo questa analisi, necessaria per tentare di comprendere quale fosse il ruolo svolto da Livorno nei grandi traffici mediterranei e quali flotte mercantili contribuissero ad alimentare i suoi commerci, nella seconda parte del libro si sono esaminate in modo più dettagliato le relazioni economiche con l’impero ottomano. Oltre ad essere in grado di produrre numerosi manufatti e materie prime indispensabili per le industrie occidentali, i paesi del Levante erano degli importanti intermediari nei commerci con la Persia, con le Indie, con il Sudan e con l’Etiopia. Esaminando i carichi dei bastimenti è stato quindi necessario individuare sia i prodotti locali, sia quelli di riesportazione e cercare la provenienza di questi ultimi, ripercorrendo i lunghi itinerari terrestri o marittimi che collegavano le coste del Mediterraneo orientale con regioni anche molto lontane. Per quantificare il volume dei principali articoli che giungevano a Livorno si è dovuto infine uniformare le molteplici unità di misura indicate nei registri di Sanità. Soltanto allora è stato possibile seguire l’evoluzione dei commerci nel corso degli anni e individuare i momenti di crisi e quelli di espansione, in relazione alle vicende economiche e politiche del Mediterraneo e dell’Europa. Si è potuto altresì compiere dei raffronti, valutando il ruolo di ogni singolo centro commerciale nel complesso degli scambi livornesi. In particolare, nel primo capitolo della seconda parte sono stati esaminati i flussi commerciali in provenienza da Istanbul e Smirne, nel secondo i commerci di Alessandria, nel terzo gli scambi di Livorno con Cipro e i porti della Siria. L’ultimo capitolo, infine, è stato dedicato all’analisi dei traffici con il Maghreb. Anche in questo caso si sono dovuti affrontare problemi analoghi a quelli già incontrati a proposito del Levante. Sebbene Tripoli, Tunisi e Algeri non disponessero di un entroterra ricco come quello delle scale, si trovavano tuttavia al centro di una complessa rete di scambi, in grado di alimentare numerose attività artigianali e di rifornire quelle città di numerosi prodotti destinati ai paesi europei. L’attività corsara, che costituiva per la regione una vera e propria industria, contribuiva inoltre ad arricchire i mercati nordafricani con le mercanzie più disparate, complicando ulteriormente il quadro. Si è tentato così di ripercorrere la storia politica ed economica della regione, per capire quale fosse il ruolo delle Reggenze, sia nei confronti dell’impero ottomano, sia dei paesi europei. Ci si è soffermati quindi sulle relazioni con Livorno, cercando, come di consueto, di quantificare il volume dei commerci e di valutarne l’andamento e l’effettiva rilevanza.
2007
978-88-8422-664-8
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12317/23534
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