Il progresso inarrestabile delle scienze e delle tecnologie mediche ha inciso profondamente sulle dinamiche finali dell’esistenza umana, rendendo sempre più tangibile il rischio di una pervasiva erosione dei valori di dignità, identità ed autodeterminazione della persona. L’estrema vischiosità (concettuale e pratica) delle questioni di fine-vita, segnate da un conflitto assiologico endemico e difficilmente riducibile a modelli ricostruttivi rigidi ed unilaterali, ha reso sino ad oggi assai arduo il tentativo di individuare risposte appaganti al problema della qualificazione giuridica (e della disciplina) delle direttive anticipate di trattamento sanitario. La persistente assenza nel nostro Paese di una specifica regolamentazione normativa - riflesso inevitabile di una frammentazione assiologica entropica e paralizzante - suggerisce allora una rimeditazione del tema, incentrata su una più attenta considerazione delle risorse ordinamentali e sistematiche disponibili. Muovendo dall’inquadramento del testamento biologico nel genus dei comportamenti immateriali, si sviluppa l’analisi sul terreno dell’autonomia privata e della negozialità non patrimoniale, verificando la possibilità di un (preventivo) scrutinio di liceità e di meritevolezza dell’atto di autoregolamentazione degli interessi (esistenziali) divisato dal paziente. Gli elementi della proceduralità e dell’autorizzazione giudiziaria, quali invarianti sistemiche tipiche del settore degli atti di disposizione del corpo e, per altro verso, la speciale duttilità funzionale che caratterizza l’istituto dell’amministrazione di sostegno, inducono a ravvisare in alcune disposizioni della legge n. 6/2004, un ragionevole punto di approdo per il riconoscimento della validità e dell’efficacia delle direttive anticipate.

"Autonomia privata e direttive anticipate"

COLACINO G
2015-01-01

Abstract

Il progresso inarrestabile delle scienze e delle tecnologie mediche ha inciso profondamente sulle dinamiche finali dell’esistenza umana, rendendo sempre più tangibile il rischio di una pervasiva erosione dei valori di dignità, identità ed autodeterminazione della persona. L’estrema vischiosità (concettuale e pratica) delle questioni di fine-vita, segnate da un conflitto assiologico endemico e difficilmente riducibile a modelli ricostruttivi rigidi ed unilaterali, ha reso sino ad oggi assai arduo il tentativo di individuare risposte appaganti al problema della qualificazione giuridica (e della disciplina) delle direttive anticipate di trattamento sanitario. La persistente assenza nel nostro Paese di una specifica regolamentazione normativa - riflesso inevitabile di una frammentazione assiologica entropica e paralizzante - suggerisce allora una rimeditazione del tema, incentrata su una più attenta considerazione delle risorse ordinamentali e sistematiche disponibili. Muovendo dall’inquadramento del testamento biologico nel genus dei comportamenti immateriali, si sviluppa l’analisi sul terreno dell’autonomia privata e della negozialità non patrimoniale, verificando la possibilità di un (preventivo) scrutinio di liceità e di meritevolezza dell’atto di autoregolamentazione degli interessi (esistenziali) divisato dal paziente. Gli elementi della proceduralità e dell’autorizzazione giudiziaria, quali invarianti sistemiche tipiche del settore degli atti di disposizione del corpo e, per altro verso, la speciale duttilità funzionale che caratterizza l’istituto dell’amministrazione di sostegno, inducono a ravvisare in alcune disposizioni della legge n. 6/2004, un ragionevole punto di approdo per il riconoscimento della validità e dell’efficacia delle direttive anticipate.
2015
978-88-14-21133-1
direttive anticipate; fine vita; autonomia privata
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12317/23621
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