Il tema delle scelte di fine vita lacera profondamente le coscienze e tende a polarizzare il confronto etico e giuridico su posizioni assai conflittuali, difficilmente ricomponibili intorno ad una prospettiva assiologica unitaria. Il recente disegno di legge sulle c.d. direttive anticipate rifugge da modelli di disciplina elastici e plasmati sulle circostanze del caso concreto e mostra invece di aderire ad una griglia di principi rigida e predeterminata, nella quale la tutela della vita del paziente s’impone sempre e comunque sul valore dell’autodeterminazione medico-sanitaria. La natura meramente ottativa e non vincolante delle dichiarazioni anticipate del paziente, le stringenti limitazioni imposte al loro contenuto, l’impossibilità di dettare volontà rilevanti in ordine ai trattamenti dello stato vegetativo permanente, restituiscono al personale medico quel ruolo di supremazia e di decisore ultimo sulle questioni di cura e di fine vita che un lungo processo evolutivo dottrinale e giurisprudenziale pareva aver espunto dal rapporto medico-paziente, da tempo consegnato al paradigma dell’alleanza terapeutica e del consenso informato. L’ordito normativo sembra così muoversi lungo una traiettoria che collide apertamente con i principi costituzionali ed internazionali, ridimensionando fortemente la latitudine applicativa del testamento biologico e la possibilità del paziente di essere davvero protagonista del proprio destino.
IL DISEGNO DI LEGGE SUL C.D. TESTAMENTO BIOLOGICO: RIFLESSIONI CRITICHE A MARGINE DI UNA DISCUSSA INIZIATIVA LEGISLATIVA
COLACINO G
2012-01-01
Abstract
Il tema delle scelte di fine vita lacera profondamente le coscienze e tende a polarizzare il confronto etico e giuridico su posizioni assai conflittuali, difficilmente ricomponibili intorno ad una prospettiva assiologica unitaria. Il recente disegno di legge sulle c.d. direttive anticipate rifugge da modelli di disciplina elastici e plasmati sulle circostanze del caso concreto e mostra invece di aderire ad una griglia di principi rigida e predeterminata, nella quale la tutela della vita del paziente s’impone sempre e comunque sul valore dell’autodeterminazione medico-sanitaria. La natura meramente ottativa e non vincolante delle dichiarazioni anticipate del paziente, le stringenti limitazioni imposte al loro contenuto, l’impossibilità di dettare volontà rilevanti in ordine ai trattamenti dello stato vegetativo permanente, restituiscono al personale medico quel ruolo di supremazia e di decisore ultimo sulle questioni di cura e di fine vita che un lungo processo evolutivo dottrinale e giurisprudenziale pareva aver espunto dal rapporto medico-paziente, da tempo consegnato al paradigma dell’alleanza terapeutica e del consenso informato. L’ordito normativo sembra così muoversi lungo una traiettoria che collide apertamente con i principi costituzionali ed internazionali, ridimensionando fortemente la latitudine applicativa del testamento biologico e la possibilità del paziente di essere davvero protagonista del proprio destino.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.