La natura pubblicistica dell’attività di riscossione dei tributi, intesa quale sua funzionalizzazione al perseguimento dell’interesse pubblico alla riscossione del tributo dovuto, rende inevitabile il vaglio critico degli accordi tra contribuente e Fisco (anche) alla luce dell’indisponibilità del credito tributario. Tuttavia, a differenza dell’attività di accertamento – la quale tende alla determinazione (dell’imponibile e) dell’imposta nel rispetto dei principi di legalità e di capacità contributiva – dell’attività (autoritativa) di riscossione entrano in gioco altri interessi derivanti sia dalla compressione della sfera patrimoniale del contribuente, sia da esigenze di celerità e semplicità delle modalità acquisitive, che consentono addirittura di riscuotere quanto dovuto nei confronti di soggetti diversi da colui che ha realizzato la capacità contributiva tassabile. Occorre dunque riflettere sugli accordi nella fase di riscossione evitando condizionamenti o parallelismi con gli istituti tesi alla definizione consensuale degli accertamenti (accertamento con adesione, mediazione tributaria, ecc.), e considerando, invece, la pregnanza dell’effettiva ed efficiente acquisizione del tributo, suffragata sia dall’impianto costituzionale e normativo interno che dal diritto dell’Unione europea. Non sussistono, invero, serie obiezioni di principio alla configurabilità di forme consensualmente concordate che soddisfino al meglio l’interesse pubblico nella fase di acquisizione dei tributi, ovviamente rette da motivazioni che, a seconda della fase (procedimentale o processuale) in cui la riscossione è collocata, diano conto dell’esercizio della (mutevole) discrezionalità da parte dell’Amministrazione in vista dell’adozione della decisione più opportuna e conveniente. Le varie forme di accordi nella riscossione possono trovare fondamento sia in specifiche disposizioni tributarie, sia nella legge generale sul procedimento amministrativo (accordi amministrativi, integrativi o sostitutivi del provvedimento, di cui all’art. 11 della l. n. 241 del 1990) – ovviamente nel rispetto delle peculiarità della materia tributaria – sia nella disciplina privatistica, in specie attraverso convenzioni finalizzate ad ampliare le possibilità satisfattive dell’Amministrazione finanziaria. Inoltre, devono ritenersi configurabili anche accordi nell’ambito della riscossione nazionale dei crediti tributari esteri, disciplinata dalla dir. 2010/24/UE del Consiglio e attuata in Italia con il d.lgs. n. 149 del 2012. Difatti, nel rispetto dell’an e del quantum definiti nel c.d. “titolo uniforme”, la (motivata) ponderazione tra l’alternativa di conseguire con certezza e (relativa) speditezza la soddisfazione del credito estero e quella di attuare immediatamente e a tutti i costi la procedura esecutiva, con il rischio che resti (in tutto o in parte) infruttuosa, può (legittimamente) far propendere per l’adozione di soluzioni concordate, (anche) in armonia con la tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea protetti dall’art. 325 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

Gli accordi nella riscossione dei tributi

Michele Mauro
2021-01-01

Abstract

La natura pubblicistica dell’attività di riscossione dei tributi, intesa quale sua funzionalizzazione al perseguimento dell’interesse pubblico alla riscossione del tributo dovuto, rende inevitabile il vaglio critico degli accordi tra contribuente e Fisco (anche) alla luce dell’indisponibilità del credito tributario. Tuttavia, a differenza dell’attività di accertamento – la quale tende alla determinazione (dell’imponibile e) dell’imposta nel rispetto dei principi di legalità e di capacità contributiva – dell’attività (autoritativa) di riscossione entrano in gioco altri interessi derivanti sia dalla compressione della sfera patrimoniale del contribuente, sia da esigenze di celerità e semplicità delle modalità acquisitive, che consentono addirittura di riscuotere quanto dovuto nei confronti di soggetti diversi da colui che ha realizzato la capacità contributiva tassabile. Occorre dunque riflettere sugli accordi nella fase di riscossione evitando condizionamenti o parallelismi con gli istituti tesi alla definizione consensuale degli accertamenti (accertamento con adesione, mediazione tributaria, ecc.), e considerando, invece, la pregnanza dell’effettiva ed efficiente acquisizione del tributo, suffragata sia dall’impianto costituzionale e normativo interno che dal diritto dell’Unione europea. Non sussistono, invero, serie obiezioni di principio alla configurabilità di forme consensualmente concordate che soddisfino al meglio l’interesse pubblico nella fase di acquisizione dei tributi, ovviamente rette da motivazioni che, a seconda della fase (procedimentale o processuale) in cui la riscossione è collocata, diano conto dell’esercizio della (mutevole) discrezionalità da parte dell’Amministrazione in vista dell’adozione della decisione più opportuna e conveniente. Le varie forme di accordi nella riscossione possono trovare fondamento sia in specifiche disposizioni tributarie, sia nella legge generale sul procedimento amministrativo (accordi amministrativi, integrativi o sostitutivi del provvedimento, di cui all’art. 11 della l. n. 241 del 1990) – ovviamente nel rispetto delle peculiarità della materia tributaria – sia nella disciplina privatistica, in specie attraverso convenzioni finalizzate ad ampliare le possibilità satisfattive dell’Amministrazione finanziaria. Inoltre, devono ritenersi configurabili anche accordi nell’ambito della riscossione nazionale dei crediti tributari esteri, disciplinata dalla dir. 2010/24/UE del Consiglio e attuata in Italia con il d.lgs. n. 149 del 2012. Difatti, nel rispetto dell’an e del quantum definiti nel c.d. “titolo uniforme”, la (motivata) ponderazione tra l’alternativa di conseguire con certezza e (relativa) speditezza la soddisfazione del credito estero e quella di attuare immediatamente e a tutti i costi la procedura esecutiva, con il rischio che resti (in tutto o in parte) infruttuosa, può (legittimamente) far propendere per l’adozione di soluzioni concordate, (anche) in armonia con la tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea protetti dall’art. 325 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.
2021
Riscossione; accordi
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12317/71525
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