Le dimensioni, l’ampiezza e la complessità del “fenomeno” mafioso, avvalorate dalle indagini storico-sociologiche su di esso, rischiano di rendere i “tradizionali” strumenti normativo-giudiziari, predisposti per il suo contrasto, inadeguati e, in alcune ipotesi, insufficienti. Parallelamente a ogni organizzazione mafiosa cresce e si sviluppa una “indispensabile” rete di relazioni e di rapporti compiacenti; di “contiguità” tra chi è intraneus al sodalizio criminale e chi, extraneus ad esso, fornisce un contributo per “agevolarne” le capacità criminose. Un sistema relazionale sempre diverso per i differenti contesti di radicamento e “necessario” per raggiungere i distinti e “alternativi” obiettivi presi di mira dalle singole organizzazioni criminali. Soprattutto per questo le attività provenienti dall’esterno rappresentano, ormai, lo “snodo” centrale per descrivere e misurare l’intero “fenomeno”. In assenza di uno specifico intervento legislativo, volto a tipizzare con una fattispecie ad hoc le condotte di “agevolazione” apportate all’associazione mafiosa, le scelte giurisprudenziali si orientano, inevitabilmente, verso l’“onnivoro” e “omnicomprensivo” concorso esterno. Tale proiezione interpretativa si realizza nonostante la presenza, all’interno del sistema repressivo-preventivo, di strumenti “alternativi” al combinato-disposto tra gli artt. 110 e 416 bis c.p. capaci di contrastare la contiguità alla mafia. Si tratta di strumenti non ancora compiutamente sperimentati, ma in grado di garantire il pieno rispetto del principio di tipicità e di materialità del “fatto” del contiguo, privilegiando la dimensione normativa, e non giurisprudenziale, della punibilità dei contributi provenienti dall’esterno dell’organizzazione mafiosa.
Il fenomeno mafioso e la contiguità penalmente rilevante. Parametri sociologici, paradigmi normativi e prassi giudiziali
Francesco Siracusano
2023-01-01
Abstract
Le dimensioni, l’ampiezza e la complessità del “fenomeno” mafioso, avvalorate dalle indagini storico-sociologiche su di esso, rischiano di rendere i “tradizionali” strumenti normativo-giudiziari, predisposti per il suo contrasto, inadeguati e, in alcune ipotesi, insufficienti. Parallelamente a ogni organizzazione mafiosa cresce e si sviluppa una “indispensabile” rete di relazioni e di rapporti compiacenti; di “contiguità” tra chi è intraneus al sodalizio criminale e chi, extraneus ad esso, fornisce un contributo per “agevolarne” le capacità criminose. Un sistema relazionale sempre diverso per i differenti contesti di radicamento e “necessario” per raggiungere i distinti e “alternativi” obiettivi presi di mira dalle singole organizzazioni criminali. Soprattutto per questo le attività provenienti dall’esterno rappresentano, ormai, lo “snodo” centrale per descrivere e misurare l’intero “fenomeno”. In assenza di uno specifico intervento legislativo, volto a tipizzare con una fattispecie ad hoc le condotte di “agevolazione” apportate all’associazione mafiosa, le scelte giurisprudenziali si orientano, inevitabilmente, verso l’“onnivoro” e “omnicomprensivo” concorso esterno. Tale proiezione interpretativa si realizza nonostante la presenza, all’interno del sistema repressivo-preventivo, di strumenti “alternativi” al combinato-disposto tra gli artt. 110 e 416 bis c.p. capaci di contrastare la contiguità alla mafia. Si tratta di strumenti non ancora compiutamente sperimentati, ma in grado di garantire il pieno rispetto del principio di tipicità e di materialità del “fatto” del contiguo, privilegiando la dimensione normativa, e non giurisprudenziale, della punibilità dei contributi provenienti dall’esterno dell’organizzazione mafiosa.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.