Tra il 1869 e il 1914 circa 15 milioni di lavoratori lasciarono l’Italia; più della metà emigrò in America, il 45% raggiunse i paesi europei. Fino al 1880 le regioni del Nord furono le principali esportatrici di uomini e donne, negli anni successivi i flussi dal Mezzogiorno si intensificarono, divenendo preminenti. La grande emigrazione della fine dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento fu una conseguenza dell’eccesso di manodopera nelle aree rurali ed è sicuramente correlata con le grandi innovazioni nei mezzi di trasporto, che resero possibili gli spostamenti verso il Nord Europa e i viaggi transoceanici. Non fu l’unica conseguenza del primo processo di globalizzazione dell’economia internazionale. Le importazioni di grano a basso prezzo misero in crisi i produttori del Mezzogiorno, non più in grado di fronteggiare la concorrenza dei cereali americani e russi, che arrivarono sui mercati europei grazie all’intensificazione della navigazione a vapore. La risposta fu una decisa riconversione delle coltivazioni, una vera e propria rivoluzione agricola. Gli agricoltori del Mezzogiorno riuscirono a valorizzare, con gli uliveti e l’impianto di alberi da frutta, le terre asciutte, affidarono alle aree irrigue e chimicamente fertili ortaggi e colture di pregio, destinati ai sempre più ampi mercati internazionali. Le esportazioni si impennarono quando gli italiani emigrati in Europa, negli Stati Uniti, in Canada, in Argentina e in Brasile formarono un mercato di massa per questi prodotti. Le migrazioni e le innovazioni agricole si svilupparono in simbiosi.
La grande trasformazione: emigrazione e agricoltura nel Mezzogiorno tra XIX e XX secolo
R. Ghezzi
2023-01-01
Abstract
Tra il 1869 e il 1914 circa 15 milioni di lavoratori lasciarono l’Italia; più della metà emigrò in America, il 45% raggiunse i paesi europei. Fino al 1880 le regioni del Nord furono le principali esportatrici di uomini e donne, negli anni successivi i flussi dal Mezzogiorno si intensificarono, divenendo preminenti. La grande emigrazione della fine dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento fu una conseguenza dell’eccesso di manodopera nelle aree rurali ed è sicuramente correlata con le grandi innovazioni nei mezzi di trasporto, che resero possibili gli spostamenti verso il Nord Europa e i viaggi transoceanici. Non fu l’unica conseguenza del primo processo di globalizzazione dell’economia internazionale. Le importazioni di grano a basso prezzo misero in crisi i produttori del Mezzogiorno, non più in grado di fronteggiare la concorrenza dei cereali americani e russi, che arrivarono sui mercati europei grazie all’intensificazione della navigazione a vapore. La risposta fu una decisa riconversione delle coltivazioni, una vera e propria rivoluzione agricola. Gli agricoltori del Mezzogiorno riuscirono a valorizzare, con gli uliveti e l’impianto di alberi da frutta, le terre asciutte, affidarono alle aree irrigue e chimicamente fertili ortaggi e colture di pregio, destinati ai sempre più ampi mercati internazionali. Le esportazioni si impennarono quando gli italiani emigrati in Europa, negli Stati Uniti, in Canada, in Argentina e in Brasile formarono un mercato di massa per questi prodotti. Le migrazioni e le innovazioni agricole si svilupparono in simbiosi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.